La quattordicesima delle 112 tecniche che ci propone il Vijñāna Bhairava (per una introduzione al testo leggi qui) ci offre lo spunto per esplorare il bindu, un punto di luce o essenza fondamentale, visualizzato sotto forma di un tilak di fuoco sottile. Il tilak, segno tradizionale applicato sulla fronte in India, ha spesso una forma simile a una fiamma, generalmente di colore rosso.
dāmāntaḥ-kṣobha-saṃbhūta-sūkṣmāgni-tilakākṛtim |
binduṃ śikhānte hṛdaye layānte dhyāyato layah || 37 ||
Ecco alcune traduzioni e relativi commenti.
Commentato come segue:37. Lo yogin che medita nello dvādaśānta e nel cuore il bindu, simile a un piccolo punto di fuoco che nasce dall’interiore perturbazione della luce, alla fine di questo processo di dissoluzione si dissolve anche lui.
Vijnanabhairava. La conoscenza del tremendo – A. Sironi (Curatore) Adelphi, 1989
Śivopādhyāya dà di questa stanza due interpretazioni.
Il bindu che lo yogin medita nello dvādaśānta può essere quel piccolo punto di fuoco
1) che nasce dalla perturbazione della luce, cioè da una forte compressione degli occhi;
2) che nasce dallo stato di perturbazione, cioè di tremolio, in cui viene a trovarsi una lampada alla fine dell’alimento.
37. Agitando gli occhi, all’interno appare una sottile fiamma a forma di tilaka. Si dovrebbe meditare su questo bindu sia in cima (ūrdhva dvādaśānta) che nel cuore. Quando quella concentrazione è completa, avviene l’assorbimento.
Vijnana Bhairava: The Practice of Centring Awareness – Swami, Lakshman Joo – Indica Books, 2003
Annotato come segue:37. Lo yogī dovrebbe meditare nel cuore o in dvādaśānta1 sul bindu che è una sottile scintilla di fuoco che assomiglia a un tilaka2 prodotto dalla pressione sul dhāma o teja (luce esistente negli occhi)3. Con tale pratica il pensiero discorsivo (vikalpa) dello yogī scompare e, alla sua scomparsa, lo yogī è assorbito nella luce della coscienza suprema.
Vijnanabhairava or Divine Consciousness: A Treasury of 112 Types of Yoga – Jaideva Singh
1. La parola śikhānta (estremità del ciuffo di capelli sulla testa) qui significa dvādaśānta o brahmarandhra.
2. Tilaka: un piccolo punto rotondo di pasta di sandalo applicato sulla fronte dagli indù come segno di devozione a una divinità.
3. Quando gli occhi vengono premuti, appaiono alcune scintille. Lo yogī dovrebbe afferrare mentalmente il bindu (punto) che è una delle scintille che appaiono nell’occhio tramite pressione, e dovrebbe meditare su quel bindu nel cuore o nel dvādaśānta. Con questa pratica, la sua abitudine di dicotomizzare il pensiero (vikalpa) scomparirà, e quando ciò scomparirà, sarà stabilito nella natura essenziale di Bhairava.
La parola dhāma in questo contesto significa la luce nell’occhio, o la parola dhāma può essere interpretata come le sottili scintille di luce di una lampada che appaiono al momento dell’estinzione della sua luce.
Questo è un Āṇava upāya.
Si mediti sul Punto (di luce) (all’interno dell’Estremità superiore dello Spazio delle Dodici Dita) all’estremità del ciuffo e all’interno del cuore, nella forma di un tilaka di fuoco sottile che è sorto dall’agitazione interiore (degli occhi), la dimora (dhāman) (della vista).
Mark Dyczkowski
Medita sul Bindu come un tilak di fuoco sottile prodotto dalla stimolazione interiore della Dimora Radiante (dhāman), [meditando su di esso] nel cuore e/o appena sopra la testa; quando si dissolve completamente, c’è Dissoluzione [nella pura Presenza].
Christopher D. Wallis
Le varie traduzioni e commenti evidenziano approcci diversi:
- Alcuni maestri suggeriscono di meditare sul bindu come un punto di luce percepito negli occhi, un fenomeno visivo che emerge dalla pressione o dalla stimolazione interiore.
- Altri indicano che la chiave è l’attivazione del canale centrale tramite tecniche specifiche di respirazione e focalizzazione.
- Una prospettiva più esperienziale suggerisce che la consapevolezza deve essere mantenuta sia nel cuore che nel dvādaśānta (punto sopra la testa), creando un flusso energetico armonioso tra i due poli.
Mentre i cakra sono formati dalla convergenza di più nāḍī (canali energetici), i bindu sono nuclei di essenza primaria, ancora più profondi e misteriosi. La pratica suggerita in questo verso potrebbe essere declinata come segue:
- Stabilire una respirazione profonda e ritmica
- Applicare mula bandha durante la ritenzione del respiro
- Visualizzare l’energia che si risveglia alla base della colonna
- Dirigere questa energia attraverso il canale centrale fino al centro del cuore
- Percepire una fiamma sottile nel cuore, visualizzandola come un tilak di fuoco
- Mentre la fiamma si stabilizza, portare simultaneamente l’attenzione alla sommità della testa
- Percepire un punto luminoso (bindu) sulla punta della fiamma nel cuore e su un punto simile sopra la testa
- Mantenere la consapevolezza su entrambi i punti, sentendo la connessione tra loro come una corda tesa
- Osservare come gradualmente i due bindu si dissolvono
- Rimanere nella pura presenza che emerge dalla dissoluzione
Nota: Le citazioni, eccetto quella di Sironi, sono state tradotte in italiano dalla sottoscritta a partire dall’originale in inglese.