La sedicesima delle 112 tecniche che ci propone il Vijñāna Bhairava (per una introduzione al testo leggi qui) ci insegna l’antica pratica dell’uccāra, l’elevazione del suono mantrico attraverso il canale centrale. Si tratta di una pratica raffinata ma accessibile, in cui il suono sacro diventa veicolo per entrare nella vastità silenziosa della coscienza.
praṇavādi-samuccārāt plutānte śūnya-bhāvanāt |
śūnyayā parayā śaktyā śūnyatām eti bhairavi || 39 ||
Ecco alcune traduzioni e relativi commenti.
Commentato come segue:39. Quando si proferisce il pranava, ecc., meditando, alla fine della prolata, il vuoto, si raggiunge, o Bhairavī, in virtù della vuota suprema Potenza, la vacuità.
Vijnanabhairava. La conoscenza del tremendo – A. Sironi (Curatore) Adelphi, 1989
Il praṇava è la sillaba oṃ, che è tradizionalmente considerata l’essenza stessa dei testi sacri, il simbolo del brahman. Essa è divisa nei fonemi A U M, dei quali i primi due rappresentano l’aspetto ‘grosso’ del mantra; il terzo, cioè m, dev’essere proferito o meditato come protratto (pluta) ed è concepito come una energia sottile che conduce lo yogin verso la vacuità. Questo suono, su cui lo yogin insiste più a lungo che sugli altri, è curiosamente paragonato da Ānandabhaṭṭa all’ultima nota del chicchirichi del gallo. Il vuoto e la vacuità stanno a indicare, come al solito, stati di coscienza trascendenti la realtà conoscibile, privi, vuoti della macchia delle rappresentazioni mentali.
Commentato come segue: […] “Hrīṃ” è chiamato praṇava di māyā dal nostro punto di vista Śaiva e “hūṃ” è chiamato praṇava di Śiva. “Oṃ” è chiamato praṇava dei Veda. […] Puoi recitare uno qualsiasi di questi mantra, e alla fine concentrarti sulla vacuità di quel suono, cioè dove questo suono si fonde nel silenzio. Dopo che il suono è finito devi contemplare là (śūnya-bhāvanāt).[…] Non bisogna meditare su quel suono. Bisogna meditare quando il suono è finito.39. O Bhairavī, pronunciando il praṇava (mantra) e meditando sul vuoto alla fine del suono protratto, si raggiunge lo stato del Vuoto per mezzo dell’Energia Suprema del Vuoto.
Vijnana Bhairava: The Practice of Centring Awareness – Swami, Lakshman Joo – Indica Books, 2003
Annotato come segue:39. O Bhairavī, attraverso la perfetta recitazione del praṇava o della sacra sillaba Auṃ, ecc.1 e contemplando il vuoto alla fine della fase protratta2 di esso e per mezzo della più eminente energia del vuoto3, lo yogī raggiunge il vuoto4.
Vijnanabhairava or Divine Consciousness: A Treasury of 112 Types of Yoga – Jaideva Singh
1. Eccetera si riferisce ad altri praṇava. Ci sono principalmente tre praṇava – (1) il praṇava vedico, Auṃ, (2) il Śaiva praṇava, Hūṃ e (3) il Śākta praṇava, Hrīṃ.
2. Pluta o la forma protratta è un’enunciazione di tre mātrā o more. Proprio come il canto del gallo è all’inizio breve, poi lungo e infine protratto, così ci sono tre fasi della recitazione di Aum – breve (hrasva), poi lunga (dīrgha) e infine protratta (pluta).
La pratica abituale nella recitazione di Auṃ è la contemplazione di ardhacandra, bindu, ecc. fino a unmanī dopo la fase protratta. Nel presente verso, Bhairava si riferisce a una pratica diversa. Egli dice che alla fine della fase protratta della recitazione, non si deve contemplare ardhacandra, bindu, ecc., ma il śūnya o vuoto. Śūnya o vuoto qui significa libero da ogni supporto oggettivo esterno o interno, da tutti i tattva, e da tutte le tracce residue di kleśa. Oggetti grossolani come vasi, stoffe ecc. sono supporto esterno della mente, piacere, dolore, ecc. sono il supporto interno della mente, e le tracce residue sono le\ vāsanā di avidyā, asmitā, rāga, dveṣa e abhiniveśa.
3. Śūnya o vuoto significa ciò che è libero dalle condizioni sopra menzionate. In altre parole, la mente deve essere resa nirvikalpa, libera da tutti i vikalpa, da tutti i pensieri.
4. La più eminente energia del vuoto è l’energia della paraśakti.
Raggiungere il vuoto significa raggiungere la natura di Bhairava, che è libera da differenza, dualità e vikalpa.
Questo inizia con Aṇava upāya e termina in Śaktopāya.
O Dea, mediante il completo uccāra del praṇava-mantra (o di un altro bīja-mantra) e meditando sullo spazio silenzioso e vuoto al termine del suo suono prolungato, si entra nell’Apertura Spaziosa per mezzo di quello stesso Spazio che è la Potenza Suprema (Parā-śakti).
Christopher D. Wallis
Nella pratica dell’uccāra, non si chiudono mai le labbra. La Ṃ denota un suono nasale puro: invece di terminare alle labbra con una m, il suono sale attraverso la cavità nasale, fino ai seni frontali nella regione del terzo occhio (ājñā-cakra).
Nella Yoga Tantrico si dice che esista un blocco energetico nel corpo sottile sopra il palato e appena sotto il terzo occhio (nella parte superiore della cavità nasale), e questo blocco è chiamato māyā-granthi, il nodo di māyā, e qui il termine māyā significa specificamente “percepire la pluralità invece dell’unità”. Questo nodo psichico è chiamato anche rudra-granthi in alcune fonti, ma il termine māyā-granthi sottolinea il fatto che se si riesce a superare questo blocco, si diventa capaci di sperimentare facilmente l’unità o l’unicità invece della separazione o divisione. Una potente vibrazione sonora può disgregare e persino dissolvere questo ed altri blocchi nel canale centrale.
E concretamente? Ecco qualche indicazione:
- Assumere una posizione meditativa stabile allineando la colonna vertebrale
- Chiudere gli occhi e interiorizzare completamente l’attenzione
- Inspirando profondamente, portare il prana fino al mūlādhāra cakra (pavimento pelvico), eseguendo eventualmente un leggero mūla-bandha (contrazione del perineo)
- Durante l’espirazione, intonare il praṇava OṂ (o HŪṂ o HRĪṂ), senza chiudere le labbra alla fine, eventualmente visualizzando il suono che sale come luce dorata dal mūlādhāra attraverso il canale centrale
- Percepire il suono raggiungere la cavità nasale e rimanervi sospeso fino a quando si è quasi a corto d’aria
- quando il suono udibile si estingue, continuare a sentire la sottile vibrazione del mantra salire sopra la testa fino allo dvādaśānta, e poi, nel vuoto dopo l’espiro, sperimentare questo momento di assoluta immobilità e silenzio al limite superiore del corpo energetico
- Ripetere questo ciclo più volte secondo la propria sensibilità
- Infine lasciare che la coscienza si espanda oltre i confini del corpo e rimanere in questa consapevolezza espansa senza tempo contemplando quella immobilità silenziosa che è śūnya-bhāvanā
Nota: Le citazioni, eccetto quella di Sironi, sono state tradotte in italiano dalla sottoscritta a partire dall’originale in inglese.