La tredicesima delle 112 tecniche che ci propone il Vijñāna Bhairava (per una introduzione al testo leggi qui) rivela una pratica profonda per accedere alla dimensione interiore della coscienza attraverso il controllo dei sensi e la focalizzazione sul bindu, il punto di luce interiore.
Kara-ruddha-dṛg-astreṇa bhrū-bhedād dvāra-rodhanāt |
Dṛṣṭe bindau kramāl līne tan-madhye paramā sthitiḥ || 36 ||
Ecco alcune traduzioni e relativi commenti.
Commentato come segue: Lo yogin occlude idealmente con le dieci dita le pore, cioè gli organi dei sensi (occhi, ecc.), e, cosi isolatosi dal percepibile esterno, spinge la potenza oltre la ruota delle sopracciglia […]. Si verifica a questo punto la visione del bindu, che via via si dissolve anch’esso. Il bindu o anusvāra è una risonanza nasale che può accompagnare le vocali all’atto del loro proferimento. Esso è rappresentato graficamente con un punto soprastante alla vocale che lo precede. Nella speculazione śivaita il bindu diventa i simbolo dell’energia divina indifferenziata, che durante la meditazione si manifesta allo yogin come punto luminoso. « Il punto di mezzo» è, secondo Śivopādhyāya, il cielo senza macchia della coscienza.36. Ostruiti gli occhi con le mani, serrate con quest’arma le porte, traforate di conseguenza le sopracciglia, si ha la vista del bindu, che viene poi via via dissolto: si invera allora, nel punto di mezzo, lo stato supremo.
Vijnanabhairava. La conoscenza del tremendo – A. Sironi (Curatore) Adelphi, 1989
Commentato come segue: Chiudendo tutte le aperture della testa, ovvero i due occhi, le due narici, le due orecchie e la bocca […]. Tuttavia, prima di chiudere queste aperture, è necessario mantenere la consapevolezza o una concentrazione unidirezionale […]. Se invece vengono chiuse senza aver prima stabilito questa consapevolezza, si avrà soltanto una sensazione di soffocamento […]. Come si mantiene questa consapevolezza? Bhrū-bhedāt, perforando il centro tra le sopracciglia. “Perforare” significa semplicemente contemplare tra le sopracciglia. Quando si contempla questo punto dopo aver chiuso tutte le aperture della testa con le mani […], si sperimenta e si percepisce tāraka-prakāśa, la luce interiore che appare davanti a sé. Questo è il bindu-prakāśa (la goccia di luce) e quel bindu, quel tāraka-prakāśa, inizierà gradualmente a dissolversi. Tan-madhye, nel centro di questa dissoluzione, si sperimenta lo stato di parama-sthiti, l’assorbimento supremo nello stato di Parama Śiva. Questo è il raggiungimento del samādhi. Non è unmīlana (samādhi con gli occhi aperti), ma nimīlana samādhi (samādhi con gli occhi chiusi). Non è śāktopāya, ma un puro āṇavopāya. […] Successivamente, si scoprirà che il tāraka-prakāśa svanisce lentamente e, quando sarà completamente dissolto, ci si troverà immersi nello stato di Parama Śiva.36. Chiudendo le aperture dei sensi con le mani e perforando il centro tra le sopracciglia, quando il bindu (punto di luce) viene percepito e si verifica una graduale dissoluzione, allora si sperimenta lo stato supremo nel proprio centro.
Vijnana Bhairava: The Practice of Centring Awareness – Swami, Lakshman Joo – Indica Books, 2003
Questo è puro āṇavopāya. Il nimīlana samādhi si sperimenta esattamente dopo la scomparsa del bindu.
Annotato come segue:36. Bloccando le aperture (dei sensi) con l’arma (astra) in forma delle mani1, con cui vengono chiusi gli occhi (e le altre aperture del viso), e perforando il nodo al centro delle sopracciglia2, il bindu viene percepito3. Quando, con lo sviluppo della concentrazione univoca, esso gradualmente si dissolve nell’etere della coscienza4, allora, al centro di tale spazio interiore, lo yogī si stabilisce nello stato (spirituale) supremo.
Vijnanabhairava or Divine Consciousness: A Treasury of 112 Types of Yoga – Jaideva Singh
1. Kara-ruddha-dṛg-astra indica un tipo di karaṇa utilizzato nell’āṇava-upāya. Il termine karaṇa è definito come […] la disposizione degli arti del corpo in una modalità specifica, solitamente conosciuta come mudrā, finalizzata al controllo di determinati organi e sensi per favorire la concentrazione. In questo caso, il karaṇa specificato si realizza tramite le mani. In questa mudrā sono usate le dieci dita delle due mani.
I due pollici chiudono le orecchie. Gli indici chiudono gli occhi.
I medi chiudono le narici. Gli anulari e i mignoli chiudono la bocca.
[…] Tutte le jñānendriya (facoltà sensoriali) vengono chiuse.
Attraverso questa tecnica, la coscienza viene isolata da ogni influenza esterna e l’energia vitale (prāṇa) viene trattenuta all’interno.
2. L’energia vitale, chiudendo le varie aperture sensoriali, risale verso il centro delle sopracciglia, dove rompe il nodo o groviglio di nervi che trattiene una potente energia latente.
3. Quando il centro tra le sopracciglia viene perforato dall’energia vitale che si eleva dall’interno, appare un punto di luce brillante. Questo è il bindu o vindu, termine che significa “punto”, “goccia” o “sfera luminosa”. Può essere scritto sia bindu che vindu.
4. Non appena il bindu viene percepito, lo yogī deve concentrarsi su di esso. Con lo sviluppo della concentrazione, il bindu inizia a dissolversi gradualmente fino a scomparire nello spazio della coscienza universale (cidākāśa). Questo stato è chiamato paramā sthiti, il livello supremo della realizzazione yogica.
Ci sono cinque fasi di questa dhāraṇā ossia:
(1)Dvārā-rodhana – Chiusura delle aperture sensoriali con le dita delle due mani.
(2) Bhrū-bheda – L’energia vitale, trattenuta all’interno, si eleva verso il centro delle sopracciglia e rompe il nodo delle nāḍī.
(3) Bindu-darśana – Quando il centro delle sopracciglia è trafitto, il bindu viene percepito interiormente.
(4) Kramāt-ekāgratā – Concentrandosi sul bindu, questo gradualmente si dissolve nell’etere della coscienza.
(5) Tan-madhye paramā sthitiḥ – All’interno di tale spazio, lo yogī realizza lo stato supremo, ovvero l’essenza di Bhairava si manifesta nella sua pienezza. […]
Questa è una pratica dell’āṇava-upāya che culmina nello śāktopāya.
Se [lo yogī] chiude le porte [dei sensi] con l'”arma” [mantra] e la [mudrā da cui] la percezione è bloccata con le mani, [e successivamente] perfora il centro delle sopracciglia, percepirà il Bindu [in quel centro]. Quando si dissolve gradualmente, [si sperimenterà lo] Stato Supremo nel proprio Centro.
Christopher D. Wallis
Questo versetto descrive un metodo avanzato di meditazione in cui si utilizza il Ṣaṇmukhī Mudrā, una tecnica che consiste nel chiudere le aperture sensoriali con le dita:
- Indici sugli occhi
- Medi sulle narici
- Anulari e mignoli sulla bocca
- Pollici sulle orecchie
Questa posizione crea uno stato di privazione sensoriale, che favorisce l’introspezione e la percezione di livelli più sottili di coscienza.
L’arma cui allude il testo potrebbe essere la mudrā, ma anche l’uso di un mantra. Si tratterebbe in tal caso di un astra-mantra, ovvero un mantra considerato un’arma spirituale. In questo caso potrebbe trattarsi del bija mantra HUṂ, spesso associato alla dissoluzione delle illusioni e alla purificazione mentale. Vibrando HUṂ internamente mentre si esegue la mudrā, si intensifica la focalizzazione e si facilita la percezione del bindu, una minuscola sfera di luce interiore.
La combinazione di Ṣaṇmukhī Mudrā e della vibrazione del mantra HUṂ potrebbe portarci a bhrāmarī pranayama.
Durante la pratica, lo yogī potrebbe visualizzare un punto luminoso davanti al terzo occhio. Questo bindu rappresenta il centro della coscienza e, con una concentrazione profonda, inizia a dissolversi, portando il praticante nello stato di paramā sthiti, una condizione di assoluta pace e stabilità interiore. Questo stato è considerato la realizzazione del Sé nella tradizione tantrica.
Sei pronto a esplorare il tuo bindu interiore? Inizia con questa pratica e osserva dove ti porta il viaggio dentro di te.