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Pranayama

Bhramari Pranayama

 “L’ape”

Si tratta di un pranayama che deve il suo nome al particolare suono prodotto dall’attrito dell’aria contro il velo pendulo del palato molle. Sia inspirazione che espirazione vengono effettuate con entrambe le narici, ma il suono risulta più intenso (simile a quello prodotto dall’ape maschio) durante l’inspirazione (puraka) e più attenuto (ricordando la più delicata ape femmina) durante l’espirazione (recaka).

“L’inspirazione, molto violenta, deve produrre un suono simile al ronzio di un’ape maschio; l’espirazione, molto delicata, quello di un’ape femmina. Grazie alla pratica di questo esercizio, beatitudine e piacere sorgeranno nella mente dei migliori tra gli yogin.” – Svatmarama – La lucerna dello hatha-yoga (Hatha-yoga-pradîpikâ, II, 68) a cura di Giuseppe Spera (Ed. Magnanelli)

Tecnica di base:

  • sedete in una qualsiasi comoda posizione meditativa; potete anche sedere su una coperta arrotolata, come accucciati, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia flesse;
  • tappate le orecchie con i pollici, poggiando le altre dita sulla testa, oppure utilizzate il dito indice o il medio per tappare le orecchie;
  • le mascelle devono essere rilassate e i denti leggermente separati;
  • inspirate velocemente attraverso il naso producendo un suono che riecheggia quello dell’ape maschio;
  • espirate lentamente mentre emettete dolce-mente un suono profondo, continuo e ronzante come quello dell’ape femmina;
  • il suono, sia in fase inspiratoria che espiratoria, deve essere sommesso e profondo, e risuonare nella parte frontale del cranio;
  • praticate da dieci a quindici cicli;
  • una volta concluso, tenete gli occhi chiusi e ascoltate qualsiasi suono sottile che si manifesti nella vostra mente, oltre il normale senso dell’udito.

“A metà della notte, in un luogo privo di voci di esseri viventi, chiuse le orecchie con le mani, si eseguano inspirazione e ritenzione.

E si ascolti allora all’orecchio destro un suono interiore auspicioso: dapprima uno stridere di grilli, poi un suono di flauto;

poi ancora un tuono, un ronzio d’api, uno scampanio, un suono di cembali, di turi (una varietà di tromba) e di vari tamburi, quali bheri, mrdanga e altri.

Da una siffatta costante pratica scaturisce questo vario suono, che è la risonanza (dhvani) del suono eterno (anahata).

In quella risonanza è una luce, e a quella luce si rivolge la mente (manas). Quando Ia mente vi si dissolve, ecco la suprema dimora di Visnu. Così, chi realizza la perfezione della bhramari realizza la perfezione dell’enstàsi (samâdhi).” – Insegnamenti sullo Yoga (Gheranda-samhitâ, V, 73-77) a cura di Stefano Fossati (Ed. Magnanelli)

Benefici:

  • favorisce la concentrazione;
  • calma la mente.
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Storie, racconti e poesie

L’andatura

Molto tempo fa, nella Cina dei T’ang, un monaco anziano andava in pellegrinaggio al monte Wu-t’ai, residenza di Manjusri, il bodhisattva della saggezza. Vecchio e debole com’era, andava per la lunga strada polverosa da solo, lentamente, chiedendo l’elemosina lungo la via.

Dopo molti interminabili mesi di cammino, un bel mattino, guardando in alto, vide in lontananza la maestosa montagna. Vicino al bordo della strada c’era una vecchia che lavorava il campo. «Per favore – le chiese – dimmi quanto manca per arrivare al monte Wu-t’ai».

La donna lo guardò appena, emise un suono gutturale e si rimise a zappare. Il monaco ripeté la domanda una seconda e una terza volta, ma sempre senza risposta. Pensando che fosse sorda, decise di tirar dritto. Ma dopo aver fatto alcune dozzine di passi, udì la voce della vecchia: «Ancora due giorni. Ti ci vorranno ancora due giorni».

Piuttosto infastidito, il monaco rispose: «Pensavo che fossi sorda. Perché non hai risposto prima alla mia domanda?». E la vecchia: «Mi hai fatto la domanda mentre eri fermo, padrone. Per risponderti dovevo vedere quale fosse la tua andatura!».