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Vijñāna Bhairava – Dhāranā 9 – Śloka 32

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La nona delle 112 tecniche che ci propone il Vijñāna Bhairava (per una introduzione al testo leggi qui) è tanto profonda quanto poetica: usa l’immagine delle piume di pavone come metafora per guidarci verso una profonda esperienza di consapevolezza.

Se osserviamo una piuma di pavone, notiamo una serie di cerchi concentrici dai colori vivaci che culminano in un intenso blu cobalto al centro. Questa struttura naturale diventa un potente strumento di visualizzazione per la pratica meditativa e può ispirare una forma di Laya Yoga, lo “yoga della dissoluzione”. Nel contesto tantrico, laya significa letteralmente “dissoluzione” o “assorbimento”, e si riferisce al processo di dissoluzione graduale della coscienza ordinaria nei suoi componenti più sottili, fino a raggiungere lo stato di pura consapevolezza (Bhairava).

Il concetto di “spazio” (śūnya) nella tradizione tantrica è profondamente significativo. Non si riferisce semplicemente al vuoto fisico, ma a un campo di potenzialità pure dove la percezione e l’esperienza possono manifestarsi. Ogni apertura sensoriale è considerata uno “spazio” (śūnya) o un “cerchio” (maṇḍala), un campo dove si manifesta un aspetto specifico della nostra esperienza.

La tradizione tantrica stabilisce una corrispondenza tra i cinque elementi (mahābhūta) e i cinque sensi o cinque spazi (con riferimento alle nostre aperture sensoriali):

  • La terra (pṛthivī) corrisponde all’olfatto (naso)
  • L’acqua (ap) corrisponde al gusto (bocca)
  • Il fuoco (tejas) corrisponde alla vista (occhi)
  • L’aria (vāyu) corrisponde al tatto (superficie corporea)
  • Lo spazio (ākāśa) corrisponde all’udito (orecchie)

Proprio come i cerchi della piuma di pavone si fondono l’uno nell’altro, il processo di dissoluzione dei campi sensoriali segue un ordine preciso e non arbitrario, che riflette la struttura sottile della coscienza secondo la comprensione tantrica. I sensi più grossolani si dissolvono in quelli più sottili, culminando nell’esperienza del “Vuoto Supremo” (anuttara śūnya).

Ecco alcune traduzioni e relativi commenti.

32. Per colui che medita la pentade dei vuoti, giovandosi degli occhi policromi della coda del pavone, in invera, nel cuore, una penetrazione del vuoto senza superiore.

Vijnanabhairava. La conoscenza del tremendo – A. Sironi (Curatore) Adelphi, 1989
Commentato come segue: I cinque vuoti sono, secondo Śivopādhyāya, i cinque organi di senso, considerati come vuoti, insostanziali.
Il variegato e gatteggiante ovale che orna le penne caudali del pavone è considerato dallo yogin come un maṇḍala naturale, che serve da supporto alla meditazione sulla vacuità, la quale designa, in queste scuole, la coscienza di là da ogni immagine oggettivata, paragonata ad un etere senza macchia.
Il termine anuttara, «senza superiore», viene usato, nei testi śivaiti, per designare la realtà suprema.
Abhinavagupta, nel suo «Commento lungo» alla Parātriṁśikā, lo spiega in sedici differenti modi, basandosi di volta in volta su una diversa etimologia (si veda PTV, pp. 19 sgg.).

32. Meditando sui cinque vuoti dei sensi, che sono come i vari colori delle piume del pavone, lo yogi entra nel Cuore del Vuoto assoluto.

Vijnana Bhairava: The Practice of Centring Awareness – Swami, Lakshman Joo – Indica Books, 2003
Commentato come segue: […] I cinque organi dei sensi sono come le ali o le piume di un pavone. Quando i cinque organi sono diretti ai loro rispettivi oggetti, considera che l’oggetto percepito dall’occhio, dall’orecchio,
dal naso, dalla pelle (attraverso il tatto) o dalla lingua, è soltanto śūnya, vuoto. Non c’è nulla in esso. È soltanto vuoto: tutti questi oggetti sono vuoti. Senza permettere alla tua coscienza di essere influenzata da questi oggetti, devi concentrarti simultaneamente su questi cinque
e realizzare che essi sono soltanto vuoto e nient’altro. […]
E cosa succede? Entrerai in quel Cuore supremo che è pieno di vuoto, e quel Cuore supremo è il Signore Śiva. Entrerai in quell’anuttara, il Cuore supremo, śūnya. È assolutamente puro śāktopāya

32. Lo yogi dovrebbe meditare nel suo cuore sui cinque vuoti1 dei cinque sensi, che sono come i cinque vuoti che appaiono nei cerchi2 delle piume variegate dei pavoni. In questo modo, sarà assorbito nel Vuoto Assoluto3.

Vijnanabhairava or Divine Consciousness: A Treasury of 112 Types of Yoga – Jaideva Singh
Annotato come segue:
1. Cinque vuoti o śūnya-pañcakam: Questo significa che il yogi dovrebbe meditare sulle cinque sorgenti ultime dei cinque sensi, ovvero i cinque tanmātra: il suono in sé, la forma in sé, ecc., che non hanno un’apparenza concreta e sono meri vuoti. […]
2. Cerchi – maṇḍala: Anche il termine maṇḍala ha un doppio significato. Nel caso del pavone, si riferisce ai cerchi delle sue piume; nel caso del yogi, si riferisce ai sensi. […]
3. Il Vuoto Assoluto è Bhairava, che è al di là dei sensi e della mente, al di là di tutte le categorie di questi strumenti. Dal punto di vista della mente umana, Egli è il Vuoto assoluto. Dal punto di vista della Realtà, Egli è pienezza assoluta, poiché è la sorgente di tutta la manifestazione.

Meditando sui Cinque Spazi come i cerchi colorati delle piume del pavone, si entra nel Cuore, lo Spazio Supremo.

Christopher D. Wallis

Ecco una versione semplificata e accessibile di questa antica pratica:

  • Campo Visivo: Iniziate osservando l’intero campo visivo simultaneamente, includendo anche la visione periferica. Non concentratevi sui dettagli, ma sulla totalità dell’esperienza visiva.
  • Esperienza Olfattiva: Chiudete gli occhi e spostate l’attenzione al senso dell’olfatto, percependo gli aromi presenti nell’ambiente o semplicemente concentrandovi sul respiro che fluisce attraverso le narici.
  • Transizione al Gusto: Gradualmente, fate confluire questa consapevolezza nel senso del gusto. Diventate consapevoli delle sensazioni nella bocca e sulla lingua.
  • Sensazioni Tattili: Espandete la consapevolezza all’intero campo delle sensazioni corporee – il contatto con i vestiti, la temperatura dell’aria, il movimento del respiro nel corpo.
  • Dimensione Sonora: Infine, lasciate che tutte queste sensazioni si fondano nel campo sonoro. Ascoltate non solo con le orecchie, ma con tutto il corpo, includendo anche il silenzio che fa da sfondo a ogni suono.

Il culmine della pratica, l’entrata nello “Spazio Supremo” (anuttara śūnya), associato al colore blu cobalto presente anche al centro della piuma di pavone e caratteristico di Śiva stesso, rappresenta nella tradizione tantrica il riconoscimento della natura fondamentale della coscienza stessa. Questo stato non è un vuoto nichilistico, ma piuttosto la fonte viva di ogni esperienza, ciò che i tantrici chiamano Bhairava, la coscienza pura e indifferenziata.

Nota: Le citazioni, eccetto quella di Sironi, sono state tradotte in italiano dalla sottoscritta a partire dall’originale in inglese.

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